Cenni storici

A cura di Andrea Faggiano

Il primo documento ufficiale che riporta la denominazione “Salice” è datato 10 aprile 1102. Si tratta di un Diploma di Ruggiero il Normanno, Duca di Puglia, con il quale, scrive Gilberto Spagnolo in “Salice Salentino: il nome, le origini, uno dei primi feudatari” (Quaderno di ricerca, 1987), veniva confermata “al monastero di S. Lorenzo di Aversa e in particolare all’Abate Guarino (…), le possessioni di alcune chiese con beni stabili tra cui quella di sanctum Nikolaum Salice”, già concesse nel 1092. Da quest’ultimo anno, dunque, “Salice” era già un noto centro abitato. Si può desumere, da ciò, che l’origine della piccola borgata possa risalire almeno a qualche decennio prima.

Secondo i due maggiori storici locali, Giuseppe Leopoldo Quarta e Giovanni De Nisi, autori rispettivamente di Salice Salentino, dalle origini al trionfo della Giovane Italia e Salice Terrae Hidrunti, ad attestare l’antica fondazione di “Salice” ci sarebbe stata una lapide, con l’iscrizione “1001”, un tempo posta al centro del pavimento della chiesetta “San Giovanni Battista” (nei secoli successivi ribattezzata “Santa Filomena”). La lapide “originale”, purtroppo, è poi andata distrutta; il medesimo anno fu riprodotto pure sul retro della porta di accesso.

Secondo De Nisi, non lontano dai confini della contea di Lecce esisteva “un piccolo agglomerato di rustiche casette conosciuto col nome di Pozzovivo. Esso fu distrutto e saccheggiato dai Saraceni tra il IX e X secolo e i pochi abitanti, scampati all’eccidio, si trasferirono nel vicino territorio del Principato di Taranto ritenuto più sicuro. Ricostruito sul nuovo territorio un piccolo centro di casette, a questo gli fu dato il nome di Pozzonuovo, in gergo Puzzunueu”.

“Pozzonuovo”, dunque, sarebbe stato il primo antico agglomerato del paese il quale, al margine della grande foresta oritana (formata da fitta boscaglia, macchie e praterie), si trovava ai confini con la contea di Lecce, al centro di importanti vie di collegamento fra i maggiori abitati dell’area. Il nucleo originario di case, negli anni e nei secoli successivi, si ampliò gradualmente, sviluppandosi soprattutto verso la Chiesetta di San Giovanni Battista e poi anche molto oltre.

Per quanto riguarda l’origine del nome “Salice”, tuttora diverse sono le ipotesi. La più comune, avanzata fin dal 1724 da Padre Bonaventura da Lama nella Cronica de’ minori osservanti della provincia di San Nicolò, sarebbe quella che farebbe derivare il nome “Salice” dall’abbondanza, appunto, “dei Salici che crescevano su quel terreno”. Territorio, peraltro, che Gilberto Spagnolo, citando documenti normanni, ricorda essere stato “con acque fluenti sulla superficie del suolo, con rivi, fiumi da pesca, canali, e grosse paludi”.

Giuseppe Leopoldo Quarta, a tal proposito, solleva non pochi dubbi. Egli fra l’altro scrive: “E si fanno altre ipotesi ed or lo si fa derivare dalla qualità delle abbondantissime sue acque sorgive ma salmastre, coll’indicazione dell’aggettivo latino salsus-salsi, ora dal leggendario re Sale (…). Su notizie così incerte e induzioni così diverse non si giunge a spiegare la ragione vera che ha fatto dare a questo luogo e a questi casolari il nome Salice. E si rimane maggiormente perplessi se ne osserva lo stemma, come si trova disegnato e dipinto ad acquerello su vecchi diplomi a pergamena. Su d’una laurea rilasciata dall’Università di Napoli nel 1603 all’U.I.D. Giovanni Andrea Capocelli vi si vede lo stemma con molta precisione e chiarezza acquarellato. Su campo azzurro contiene al naturale con una lettera esse maiuscola in oro intrecciata al tronco non un albero di salice ma un vero e proprio albero di quercia (…)”.

Più recentemente, lo studioso Gilberto Spagnolo, in “Salice Salentino: il nome, le origini, uno dei primi feudatari” (Quaderno di Ricerca, 1987), ipotizza anche la possibilità che “Salice” abbia preso tale denominazione dall’antichissima famiglia leccese “Salice” che ebbe il possesso del casale durante il “neofeudalesimo” normanno. In nota al saggio, Spagnolo fra l’altro aggiunge che “è vero che lo stemma di Salice è rappresentato da un albero, ma questo non lo si può paragonare al salice piangente, salvo che non si voglia pensare a un’altra specie del salice cioè al Salice a foglie d’olmo o Salix-caprea (l’albero rappresentato nello stemma sembra identificarsi proprio in un olmo)”.

Dopo l’XI sec., Salice assunse sempre più importanza, tanto da essere ormai considerato un rilevante “Casale”. Secondo Spagnolo, tuttavia, fu solo dal XIII sec. che ebbe inizio la locale cronologia feudale documentata; esattamente con Tommaso da Salice, ricordato in antichi documenti per essere stato uno dei più valorosi oppositori di Manfredi, “il sovrano che successe all’imperatore Federico II”. Successivamente, dopo essere divenuto baronia alla fine del XIII sec., Salice seguì le sorti legate ai numerosi cambi di potere determinati dalle vicende storiche del tempo (famiglie feudatarie che ebbero in possesso Salice Salentino furono, fra le altre, Aldemorisco, Zurlo, Del Balzo Orsini, Paladini, Albricci, Enriquez e Filomarino). Gli ultimi decenni del XIV secolo rappresentarono un momento di svolta per Salice. Nel 1398, infatti, fu ultimata la costruzione del Castello, per volere di Raimondello Orsini del Balzo, asceso al potere in seguito al matrimonio con Maria d’Enghien. Successivamente la baronia di Salice fu detenuta prima dai Zurlo e quindi dai De Paladinis che furono proprietari del casale in diversi momenti tra il XV ed il XVI secolo.

Durante il XVI secolo giunse a Salice la famiglia mercantile di origine lombarda degli Albricci. In particolare, Giovanni Antonio I Albricci acquistò il feudo di Salice nel 1569 e, grazie al titolo nobiliare conferito da Filippo II, divenne marchese nel 1591. Per sua volontà, nel 1587 fu avviata la costruzione del convento destinato ai Frati francescani Riformati, nonché la realizzazione della contigua chiesa (dedicata prima a “Santa Maria del Soccorso” e poi alla “Madonna della Visitazione”), dove l’Albricci fu sepolto nel 1596.

La famiglia Enriquez, feudataria dalla prima metà del XVII sec., detenne il potere sino alla metà del XVIII secolo, periodo nel quale, data l’assenza di eredi nella famiglia, avvenne il passaggio ai Filomarino. Questi ultimi traghettarono Salice verso la complessa fase storica tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo. Le molteplici vicende storiche del XIX secolo determinarono uno dei periodi più complessi per Salice, dapprima per gli effetti delle riforme napoleoniche e, in un secondo momento, per i contrasti che divisero la comunità lungo l’intero percorso che portò all’unificazione nazionale.

Nel 1869 divenne sindaco Arcangelo De Castris (anche senatore del Regno dal 1890) e fu avviato un ampio processo di cambiamenti che riguardarono il proseguimento dell’attività di bonifica, un’aggiornata sistemazione urbanistica e alcuni regolamenti volti ad una più efficace gestione della comunità. In questo periodo nacque, peraltro, il corpo bandistico comunale (costituito nel 1885); furono costruite le carceri mandamentali e l’attuale Palazzo municipale, sull’allora via San Giovanni (ora via Vittorio Emanuele II), destinandolo a Uffici comunali, Pretura, Scuole elementari e Ufficio postale (1899); fu avviata la realizzazione della stazione ferroviaria di Salice, sulla tratta Francavilla-Lecce, inaugurata il 7 maggio 1907 (due anni dopo la morte di De Castris). L’aspetto rinnovato e l’apertura di diverse nuove vie di comunicazione con i paesi limitrofi, riconsegnarono a Salice il ruolo di crocevia che lo aveva in passato caratterizzato.

Sempre durante il mandato del sindaco Arcangelo De Castris, fu realizzato l’ampliamento di piazza Plebiscito, su progetto elaborato nel 1869 dagli agrimensori Vito Gravili e Bonaventura Valente. Giovanni de Nisi, nell’articolo “Salice Salentino: l’ampliamento di piazza Plebiscito” (Quaderno di Ricerca,1989), a tal proposito scrive: “L’angusta piazza ove si erano svolte le votazioni plebiscitarie del 21 ottobre 1860 si dimostrava sempre più incapace di contenere l’aumentata popolazione, per la cui componente maschile era usanza, la sera, ritrovarsi in piazza. (…) All’Amministrazione si presentò l’alternativa se creare una nuova piazza oppure allargare l’esistente”. E alla fine “il Consiglio fu unanime nel deliberare l’allargamento di piazza Plebiscito”. L’11 novembre 1870, dunque, arrivò l’autorizzazione sovrana per l’acquisto di alcuni immobili destinati alla demolizione. A lavori ultimati, la piazza passò da 183,96 a 1098,96 metri quadri (entrambi i dati riguardanti la superficie della piazza sono forniti da De Nisi in Salice Terrae Hitrunti).

Salice, per quanto riguarda la popolazione residente, non è stato mai un grosso centro abitato. Tuttavia, secondo De Nisi, era “considerato uno dei più importanti” della provincia di Lecce, tanto è vero che nel 1811 fu elevato a “capoluogo del Circondario con giurisdizione su San Pancrazio, Guagnano, Villa Baldassarri, Veglie, San Donaci e, per un certo tempo, su Cellino San Marco”.

Antonio Scandone, nel libro Salice ai tempi del Murat pubblicato nel 1997, dopo aver analizzato le informazioni demografiche fornite da De Nisi e da Quarta, ritiene verosimile che a Salice, nei primi anni dell’Ottocento, “ci fossero circa 2000 abitanti”. Nei decenni successivi i residenti sono poi lentamente aumentati, fino a raggiungere picchi massimi nel secolo scorso. Daniela Innocente, in “Brevi cenni sulla dinamica demografica e socio-economica di Salice Salentino” (in “Il Salice”, 1998), segnala un significativo sviluppo demografico, iniziato già nei primi del Novecento, fino ai valori massimi registrati nella seconda metà del sec. XX. Dopo inizia un costante ridimensionamento. Nel 1997 la popolazione di Salice risultava ancora elevata, ovvero pari a 9.045 abitanti. Il “crollo” demografico, dapprima “lieve” poi via via costante, si ricava dalla lettura dei dati anagrafici ufficiali disponibili: da 8.882 abitanti del 2008, gradualmente si passa ai 7.807 residenti nel 2022. Esattamente 1.075 abitanti in meno in circa 15 anni.

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